LA VERA STORIA DELLA GDPE CASERTANA
(Una ricerca della Semi Fusione Fredda)
di Vincenzo Iorio

Giugno 2010


Inizio della ricerca

     Verso la fine del 2003 la mia attenzione di uomo curioso è stata attratta da un articolo trovato in rete che riportava un esperimento di un francese, tale Jean Naudin, e mi resi subito conto che il brillante e poliedrico intellettuale aveva riprodotto un esperimento dello scienziato nipponico Tadahiko Mizuno che insieme a Tadayoshi Ohmori aveva presentato a Vancouver nel 1998. Si parlava di trasmutazioni e di anomalie riguardanti il guadagno energetico del sistema calorimetrico di cella. Poiché l’esperimento utilizzava semplicemente acqua distillata e tungsteno, riuscì immediatamente a comprendere che il mio laboratorio era sufficientemente attrezzato per effettuare questa verifica e che le spese aggiuntive sarebbero state molto contenute. Certamente non avrei dovuto comprare del costoso palladio e della costosissima acqua pesante che furono invece necessari quando nel 1990 avevo ripetuto a Caserta con il mio collega e amico Alessandro Dattilo l’esperimento “canonico” di Fusione Fredda che tutti già conoscono.

     Per rigore di cronaca vorrei sottolineare che questo lavoro di ricerca, parlo sempre degli esperimenti del 1990, durò circa 4 anni e purtroppo, a causa degli esigui mezzi a disposizione, non concretizzò nessun risultato interessante.

     A scanso di equivoci, vorrei ribadire che la vera Fusione Fredda, cioè l’ipotetica sintesi di nuclei atomici leggeri a basse temperature e cioè quella stregua di asserzioni che si cominciarono a sentire subito la famosa conferenza stampa del 14 marzo 1989 a cui parteciparono i noti Martin Fleischmann e Stanley Pons, non ha niente a che vedere, almeno fino ad ora, con l’esperimento trattato in quest'articolo e che riguarda circostanze ancora non perfettamente chiarite e che coinvolgerebbero acqua normale e tungsteno. Parlo cioè del famoso esperimento di Tadahiko Mizuno e del mio diretto coinvolgimento in questo fatto. (Nota *1)

     Comunque, per tornare a parlare della nostra cella e degli esperimenti del sopraindicato prof. Mizuno e soprattutto in relazione a quanto è emerso dagli studi che ho effettuato, … già nel dicembre del 2003 iniziai ad acquisire dei dati interessanti e curiosi.

     In quel periodo il mio laboratorio era frequentato da un mio caro amico, sto parlando del giovane Domenico Cirillo che mi aiutò quasi subito e divenne ben presto non solo il mio più caro amico ma, anche il mio fedelissimo e preparatissimo collega di lavoro. Così, insieme, Domenico ed io iniziammo una meravigliosa avventura che durò per lunghi anni.


Vincenzo Iorio e Domenico Cirillo in Laboratorio

     Innanzitutto, operammo alcune modifiche alla cella di Mizuno che riguardavano la geometria della cella e la tipologia degli elettrodi adoperati. Ben presto scoprimmo che alcuni ricercatori americani definirono questa cella con l’acronimo G.D.P.E. (Glow Discharge Plasma Electrolityc). Il nome ci apparse molto appropriato e cominciammo ad usarlo.


Cella GDPE in funzione

     Già agli inizi del 2004 sia io che Cirillo avevamo ottenuto alcuni risultati molto interessanti. Potevamo facilmente dimostrare che esisteva un guadagno di energia dalla cella GDPE e inoltre potevamo contare su alcune trasmutazioni del metallo tungsteno impegnato all’elettrodo catodico evidenziate da un certo numero di analisi SEM che riportavano appunto queste trasmutazioni.

Risultati analitici

Una curiosa trasmutazione

     Venimmo letteralmente trasportati dall’euforia, e convinti che quei pochi dati raccolti fossero sufficienti, cominciammo a erigere le nostre relazioni e presentare le stesse al pubblico dei ricercatori. Nel frattempo conoscemmo persone dotate di grande bontà d’animo e tanto coraggio che non dimenticherò mai in tutta la mia vita, i quali ci aiutarono procurandoci strumenti più precisi e certamente più idonei per effettuare questi lavori. Anche dalla comunità di Internet arrivarono aiuti e conforti da numerosi amici che seguirono le nostre ricerche. Uno di questi era Roy Virgilio che conobbi a Grottammare nel 2003 e che non dimenticherò tanto facilmente per il suo aiuto, la sua amicizia e la sua lealtà. Non voglio però qui dimenticare la straordinaria amicizia con Riccardo Bennati di Novi Ligure che tra le sue attività di ricerca riprodusse il nostro stesso esperimento e quindi ci permise di confrontare i nostri dati.


Da sinistra: V.Iorio, D.Cirillo e A.Dattilo (Grottammare 2004)

     Dovevamo aspettarci che le nostre iniziali supposizioni erano troppo avventate e dovevamo sapere che sarebbe stato molto meglio aspettare qualche tempo prima di fare affermazioni troppo categoriche e precise. Ma la gioia che provavamo e il sostegno di molti che ci seguirono e ci incitavano ad andare avanti a presentare al più presto i nostri dati, ci spinsero nella folle corsa verso una direazione che poi si è rivelata non essere quella giusta. Sarebbe stato utile capire meglio questo fenomeno così curioso e interessante, bastava aspettare che la prognosi da provvisoria sarebbe diventata definitiva, per usare un frasario medico corrente. Ma eravamo giovani e ci fidavamo di quello che i nostri strumenti di allora misuravano, di quello che veniva letto dall’analisi dei nostri dati e soprattutto da quell’incitazione degli amici che ci attorniavano.


Conferenza di pisa del 30 aprile 2005
da sinistra: Roy Virgilio, Vincenzo Iorio, Domenico Cirillo, Cornelia Lorelai e Roberto Germano.

La Teoria di Sintesi Neutronica

     Per rigore di cronaca devo sottolineare che in quel periodo nel gruppo era presente anche Alessandro Dattilo, che ci fornì un aiuto indispensabile e fondamentale. Potrei addirittura affermare con estrema certezza che senza il contributo di Alessandro non avremmo raggiunto nessuna conoscenza su questo fenomeno.

     Tutti e tre giungemmo a delle affermazioni teoriche di cui solo poche erano canoniche a giudicare da quelle che oggi sono riconosciute come le teorie accademiche ufficiali che si sono affermate nella fisica delle particelle. Per giustificare le trasmutazioni che misuravamo sull’elettrodo catodico di tungsteno ipotizzammo un meccanismo molto particolare che prevedeva addirittura una sintesi diretta di protoni ed elettroni.

     Personalmente ritengo che questa teoria (indifferentemente dal fatto che nel futuro le trasmutazioni che abbiamo scoperto possano risultare esatte o sbagliate), sia fondamentale per spiegare certe pertinenze nella fisica della materia che non possono essere spiegate in altro modo.

Teoria trasmutazioni

     È difficile da credere, ma curiosamente, questa teoria è stata concepita nientedimeno che al tavolo di una birreria, scarabocchiando alcuni fogli e soprattutto senza sospettare minimamente che molti altri studiosi, tra cui Carlo Borghi, Roberto A. Monti, Lino Daddi e lo stesso Mizuno l’avevano teorizzata possibile già diversi anni prima di noi. Ma questo conta poco.

Teoria Widom-Larsen

Alcuni incontri pubblici che furono fondamentali

     Comunque da li a tutto il 2004 cominciammo una serie di conferenze tra cui ricordo con dovizia di particolari quella del 18 aprile a Grottammare, nella quale annunciammo pubblicamente i risultati che avevamo ottenuto.

Conferenza di Grottammare
     Io mi occupavo direttamente della comunicazione e per quanto con estrema cautela e prudenza prendevo le dovute distanze dai risultati ottenuti e della difficoltà di comprendere il fenomeno, ebbi comunque modo di dare delle informazioni estremamente avventate nelle quali ho perfino dichiarato guadagni di 1.5 da parte della nostra cella. (Nota *2)

     Successivamente, il 9 e 10 ottobre 2004 prendemmo parte alla clamorosa conferenza ad Abano Terme organizzata dalla Nexus edizioni, e sostenuti dal nostro caro amico Tom Bosco, allestimmo sul palco il nostro apparato sperimentale che si attivò la sera del 10 ottobre per un esperimento in diretta, osservato dal vivo da circa 700 spettatori.

Conferenza di Abano Terme

     In quell’occasione conoscemmo un'altra cara e straordinaria persona, il caro dott. Mario Aluigi, il quale rientra anch'egli nelle persone che non dimenticherò mai in tutta la mia vita. Egli volle assolutamente elargirci una donazione allo scopo di promuovere questa nostra ricerca. Verso la fine del 2004 e precisamente dal 31 ottobre al 5 novembre fummo invitati a partecipare al congresso ICFF-11 tenutosi a Marsiglia in Francia. Utilizzammo per le spese di viaggio il danaro di Mario Aluigi e una donazione aggiuntiva effettuata dalla redazione di Nexus. Il 4 novembre alle ore 9:45 mi fu dato l’onore di parlare ai numerosi convenuti dei risultati che avevamo ottenuto. Ricordo con estrema simpatia l’amico Ubaldo Mastromatteo che effettuò nel mio caso una traduzione simultanea. Fu l’unica relazione ad essere effettuata in Italiano, non lo dico per vanto (assolutamente he…he…) ma, per affermare la mia notoria ignoranza nelle lingue parlate. A Marsiglia conobbi anche personalmente Jean Naudin che risultò essere veramente un caro amico e una persona dotata di caratteristiche veramente fuori della normalità.

     C’è da ricordare che quel giorno fatidico del 4 novembre, alla comunità di fisici presenti, non solo descrissi i risultati sperimentali che avevamo ottenuto ma riportai fedelmente la nostra teoria sulla sintesi del neutrone. Successivamente, al nostro ritorno in Italia, durante le fasi della preparazione della relazione che sarebbe stata poi pubblicata su http://www.lenr-canr.org, per espresso consiglio di Ed Stone e David Krivit omettemmo le conclusioni finali che riguardavano giust’appunto la teoria della sintesi del neutrone. Il consiglio di Ed Stone, che io trovai estremamente opportuno, riguardava la necessità di illustrare unicamente i dati. Le conclusioni, a suo avviso, avrebbero generato delle critiche e dei dissapori che potevano risultare nocivi sia al nostro lavoro che a quello della comunità dei ricercatori nel mondo che si occupavano di LENR (Low Energy Nuclear Reaction).


     Intanto a Caserta continuammo il nostro assiduo lavoro che veniva svolto unicamente durante i giorni festivi. Per interi sabati e diverse domeniche riproducevamo delle condizioni sperimentali apportando man mano variazioni che potevano riguardare la tensione di alimentazione, il tipo di elettrolita, i tempi di plasma, le dimensioni geometriche degli elettrodi ecc. Poi alla fine raccoglievamo i dati e cercavamo di elaborare i risultati.

La misura di eventuali Neutroni

     Un impegno assiduo durante tutti questi anni di intenso lavoro fu la ricerca di eventuali emissioni nucleari dalla cella GDPE. A tale scopo mi prodigai a realizzare personalmente vari sistemi di rilevamento. Per le peculiari condizioni sperimentali che si verificavano, in modo particolare a causa dei disturbi elettromagnetici costantemente presenti nello spazio limitrofo della cella, erano sconsigliabili i metodi diretti. Per esempio l’uso di un Geiger era fortemente sconsigliabile poiché questo strumento non era immune a impulsi spuri che sarebbero stati certamente riconosciuti dall’apparecchio come particelle. I metodi che si potevano adoperare erano solo metodi indiretti. Agli inizi degli esperimenti e cioè già dalla fine del 2003, utilizzai lastre fotografiche opportunamente trattate che venivano poste attorno all’apparato sperimentale e successivamente sviluppate in camera oscura. Nessuna traccia anomala fu mai rilevata.

      Nel 2006 costruii un dispositivo molto singolare chiamato LEDIN che utilizzava un nastro di indio di opportuno spessore che veniva posto all’interno di uno scintillatore organico collocato a sua volta presso un fotomoltiplicatore. L’intento che mi prefiggevo era che il dispositivo avrebbe potuto misurare agevolmente la radiazione beta prodotta dall’indio dopo che quest'ultimo si fosse caricato per attivazione neutronica da parte di eventuali neutroni prodotti dalla cella. Il LEDIN avrebbe registrato gli eventi a cella spenta nei 50 minuti successivi e questo sarebbe stata una garanzia contro i disturbi elettrici presenti durante il funzionamento della cella.

     Questo sistema non funzionò mai molto bene a causa di miglioramenti che sarebbero stati necessari apportare ma, che per ragioni economiche non furono mai eseguiti.

     Nel documento dei risultati analitici sono riportati i rilievi effettuati nel maggio 2004 utilizzando uno spettrometro tipo Hameg HM5014-2 da 1GHz e facendo uso di un’antenna a polarizzazione orizzontale posta a 1,5 metri dalla cella. Ringrazio, per questa misura, la preziosa consulenza del carissimo amico Ing. Adolfo Cavallari.

     Il 2006 fu anche l’anno in cui avemmo la meravigliosa visita di Angelo Saso di RAINEWS24 che condusse nei nostri modesti laboratori un’intervista alla quale allegò ad altro materiale veramente interessante (certamente molto più importante della nostra piccola partecipazione) che venne messo in onda il 19 ottobre dello stesso anno con il nome “Il rapporto 41”. In questo documento erano mostrati molto chiaramente gli ostracismi del sistema nei confronti della vera Fusione Fredda e i risultati straordinari condotti a Frascati da Antonella De Ninno e Antonio Frattolillo in relazione alle inoppugnabili prove di fusione di nuclei di deuterio in un elettrodo di palladio.

     Ad un certo punto e precisamente verso la fine del 2006 grazie ad alcune donazioni e certi aiuti avvenuti in circostanze veramente “magiche”, riuscimmo ad avere nella nostra dotazione strumentale apparecchi più sofisticati. Inoltre è importante anche sottolineare che oltre alle macchine di misura più precise anche il nostro lavoro si affinava, e cosa molto curiosa, mentre tutto questo procedeva, le anomalie energetiche cominciarono drasticamente a diminuire.


Efficienza della cella GDPE negli anni

     Avendo una discreta esperienza di laboratorio, mi fu facile intuire che almeno sul fronte dell’energia forse dovevamo rivedere le nostre affermazioni. Mentre, sul fronte delle trasmutazioni nucleari avevamo dei dati quasi sicuri che dovevano essere solo ripetuti per assicurarci di quegli eventi così esotici e cosi poco probabili. Ma, ragioni prettamente economiche ci avevano impedito di poter effettuare altri tipi di misurazioni con il SEM. Quello che potevamo fare era lavorare solamente sulla misura di energia per la quale il mio laboratorio era sufficientemente attrezzato. E quindi, proprio nel 2007 si concentrarono tutti i nostri sforzi e la maggior parte delle nostre prove.

     Inoltre, sempre nel 2007, fu allestita anche una seconda cella perfettamente funzionante nei laboratori della Promete di Napoli e curata in tutti i suoi particolari dal mio caro amico Domenico Cirillo e da Valentino Tontodonato nonché dalla supervisione di Roberto Germano grande amico nostro e autore del famoso libro “Fusione Fredda – Moderna storia di inquisizione e di Alchimia –“ della Bibliopolis di Napoli. Questa nuova cella oltre che favorire il programma di tesi che il mio amico Cirillo stava sostenendo per ottenere la laurea in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Napoli, titolo che conseguì nell’aprile dello stesso anno con pieni e meritati voti, permetteva di confrontare il nostro lavoro di ricerca utilizzando i dati elaborati da questo secondo impianto che per certi versi aveva dei miglioramenti funzionali rispetto all’impianto di Caserta.

La misura impulsiva nel 2008

     Qualcosa di interessante capitò nel 2008. Durante quell’anno misi a frutto tutte le mie conoscenze elettroniche per progettare uno strumento indispensabile che ritenni subito insostituibile per lo studio della cella. Come tutti sanno, la teoria dei sistemi complessi prevede di analizzare un sistema sottoponendolo a diverse condizioni di ingresso. La nostra cella GDPE era il nostro sistema. Fino a quel momento la cella funzionò solo in regime statico anche se qualche sporadica prova impulsiva fu effettuata (guarda caso riscontrando in questi casi anomalie energetiche molto elevate).

     Era necessario effettuare una serie di prove impulsive fatte a regola d’arte per comprendere il comportamento della cella.

     Verso la metà del 2008 era fiero di provare il funzionamento del mio EPM (Energetic Pulse Modulation). Questo strumento, che risulta ancora perfettamente funzionante, è in grado di produrre impulsi fino ad 80 ampere e resistere eventualmente a sovratensioni di 1200 volt. Normalmente il campo di lavoro dell’EPM era nell’intervallo di 300 – 340 volt continui con il quale veniva normalmente alimentata la nostra cella.

     Era una domenica di un giorno memorabile di maggio quando cominciai a provare l’EPM applicando alla cella impulsi energetici di 300 volt di ampiezza a frequenza di pochi Hertz. E durante una di queste prove percepì perfettamente un fenomeno che fece illuminare la cosiddetta lampadina. Di che si trattava?

     Una resistenza elettrica posta in serie al circuito di cella dissipò una quantità di energia estremamente elevata (circa 100 W) e questa energia non veniva affatto contabilizzata dal misuratore elettronico da 4000 euro che teneva costantemente sotto controllo la cella. Cosa stava accadendo?! La resistenza elettrica interessata a questo fenomeno era una resistenza di protezione del valore di circa un ohm. Quest’ultima era posta in serie al circuito di cella e quindi era interessata a tutta la corrente circolante nel circuito e quindi si faceva attraversare pure dalla corrente che alimentava la cella elettrolitica GDPE.

     Se la resistenza di circa 100W si riscaldava oltre le sue possibilità dissipative era segno che la corrente media che vi circolava aveva un valore più elevato del valore misurato dal contatore di energia. Infatti, quest’ultimo riportava un valore inferiore di 2 ampere per il quale contabilizzava una potenza istantanea di circa 600 W. É abbastanza imbarazzante sottolineare che fu sufficiente il mio dito indice a scoprire l’arcano delle anomalie energetiche della cella GDPE e non i costosi e precisi strumenti che erano presenti nel circuito. La scottatura avvertita dalle mie estremità epiteliali mi permise di scoprire che impulsi anomali di corrente del valore di circa 70 ampere e di durata di pochi microsecondi venivano assorbiti dal circuito di cella senza che gli strumenti di misura collegati se ne accorgessero. Per assicurarsi che questa osservazione era reale non c’era altro da fare che monitorare questa corrente utilizzando un oscilloscopio digitale comparatore da qualche GHz di banda passante, e così fu fatto.

     Ben presto verificai quanto avevo intuito dalla mia osservazione e gli strumenti mi diedero ragione. La cella GDPE essendo un sistema elettrochimico si presentava come un carico capacitivo e quindi il suo comportamento peculiare spiegava benissimo le anomalie riscontrate.
     
La cella GDPE e le anomalie energetiche

     Non c’era nessuna anomalia energetica. La cella assorbiva una certa parte dell’energia elettrica applicata all’ingresso senza che il misuratore la contabilizzasse. Si parlò di “Joule clandestini”, difatti le caratteristiche elettriche della cella determinavano assorbimenti elettrici molto disturbati, gli spike di corrente erano numerosi e abbracciavano una banda di frequenza molto elevata. Alcune misure che avevamo effettuato precedentemente con analisi spettrali, avevano dimostrato che la cella produceva un rumore elettromagnetico con banda centrata sui 300 Mhz e con picchi fino al Ghz.


Qui di seguito è possibile visionare alcune foto che ritraggono questi impulsi:


Impulso da 30A


Impulso da 30A

     Bisogna precisare che gli impulsi sono stati ricavati facendo lavorare la cella con precise modalità di lavoro atte a migliorare la condizioni di visibilità dell’impulso. Infatti, i segnali illustrati sono stati misurati su di un carico di 1 ohm (quindi sono impulsi di 30 Ampere) e sono abbastanza lenti (circa 85 millesimi di secondo). Gli impulsi reali misurabili quando la cella lavora a regime sono di ampiezza molto elevata e hanno durate inferiori al microsecondo.

Conclusioni

     Per quanto finora detto, si dimostra facilmente, sopratutto inizialmente, il perché abbiamo misurato anomalie energetiche. Il primo misuratore di energia adoperato nel 2003 era un VIK System 3 normalmente usato dall’ENEL. Questo misuratore aveva una banda passante ridotta rispetto misuratore adoperato verso la fine del 2006. Gli spike passavano quindi facilmente e non venivano contabilizzati. In parole molto semplici, poiché il rendimento energetico veniva misurato effettuando un semplice rapporto fra l’energia di riscaldamento e di evaporazione di uscita diviso l’energia elettrica applicata in ingresso, risulta evidente che se il denominatore del nostro rapporto è più basso (ma ciò è falso poiché il contributo degli spike presenti non è misurato) il rendimento viene alterato in aumento.

     Il sogno di un’energia da sfruttare non svaniva completamente ma, era comunque doveroso, anzi eticamente corretto informare tutta la comunità di amici che ci avevano sostenuto che purtroppo avevamo preso un granchio. D'altronde, se vogliamo, … un impegno sperimentale effettuato solamente durante le giornate festive, conterebbe in totale pochi mesi di lavoro effettivi e quindi era naturale che per giungere a queste conclusioni avremo dovuto aspettare tutti questi anni.

     I risultati di queste osservazioni e parte della storia che vi ho raccontato, sono stati discussi in una importante conferenza effettuata a Roma l’8 novembre 2008 a via della Bufalotta n. 229 per conto dell’associazione Pluriversity a cui ringrazio fin d’ora per lo spazio che mi hanno concesso e per la formidabile partecipazione di esperti e appassionati che mi hanno seguito. All'interno di questa relazione, che è durata circa per 4 ore mi è stato permesso di rettificare e chiarire tutto quanto vi ho qui esposto.Questa associazione, costituita da persone di un elevato spessore umano ed intellettuale ha recentemente converso nell’associazione “Scienza per L’amore” di cui io ho avuto il grandissimo onore di farne parte. Quest’associazione ha come principale obiettivo che la scienza venga dedicata all’amore, per la soluzione dei problemi dell’umanità.

     
     
Conferenza Pluriversity

     Voglio precisare che le trasmutazioni inizialmente dichiarate e che si verificano sul catodo di tungsteno potrebbero ancora essere attentamente studiate. Non deve essere esclusa la possibilità che la cella pur generando anomalie nucleari non presenti anomalie energetiche misurabili. I due fenomeni potrebbero infatti essere completamente sconnessi. Non sono in grado adesso di dare una spiegazione su queste trasmutazioni e inoltre non ho la possibilità di stabilirne l’autenticità. Se la teoria della sintesi neutronica venisse acclarata, alcune nostre osservazioni potrebbero essere facilmente spiegate.

     Sia chiaro, queste osservazioni sperimentali non fanno calare il sipario sugli studi che potrebbero essere eseguiti su questo fenomeno. Non si esclude a priori che non si possa in futuro ricavare qualcosa da questo curioso esperimento. Ma, per quanto riguarda le dichiarazioni che erano state fatte fino a questo punto, bisognava ammettere molto onestamente che se anche in buona fede erano del tutto false. E dalla mia giovane età che sono sempre stato corretto, preciso e determinato nei miei rapporti con il prossimo. Non potevo e non volevo assolutamente permettermi alcuna forma di tergiversazione su quest’argomento, ne volevo arrampicarmi sugli specchi,…per quale assurdo vantaggio poi?

     Informai subito il mio collega Cirillo di queste conclusioni a cui ero pervenuto ma, il dibattito fu molto acceso e il mio giovane amico non si trovò d’accordo per quanto riguarda il discorso delle anomalie energetiche con le mie conclusioni. E purtroppo, da quel giorno che non ci siamo più visti. D'altronde, ho ricevuto notizia che verso la fine del 2009, il mio ex socio Cirillo abbia in qualche modo misurato per conto suo alcune sospette emissione di neutroni dalla cella GDPE. Se ciò dovesse essere confermato non posso che essere contento. Anzi a riguardo del mio ex socio, che è sempre un caro amico, non posso che fargli i miei più sinceri complimenti. Questo confermerebbe le nostre precedenti asserzioni e potrebbe essere un valido argomento per sostenere la nostra teoria di sintesi neutronica. Come è facile constatare,….l’avventura non è ancora finita.


     Recentemente si parla molto dell’esperimento Focardi-Rossi. Sembrerebbe che il nichel in atmosfera di idrogeno (idrogeno e non deuterio) assorba questo gas ed effettui delle trasmutazioni, nonché si misurano elevati quantitativi di energia. Leggendo i documenti rilasciati dai due scienziati italiani del INFN di Bologna si sottolinea il ruolo delle reazioni di sintesi protonica, sembra proprio che qualcuno stia convalidando le nostre tesi e quelle di altri italiani prima di noi.


     Non mi fraintendete, mi sento così piccolo che non mi interessa affatto che qualcuno un domani si ricordi di noi. Ciò che conta è che l’umanità raggiunga il benessere, poiché il benessere diventa collettivo. Sono quindi contento di questi risultati, faccio i miei modesti complimenti (essendo un umile e microscopico ricercatore) ad Andrea Rossi e Sergio Focardi che sono veramente dei grandi ricercatori e spero vivamente che la loro ricerca venga confermata …..come vedete, torno a dire,….l’avventura non è ancora finita.


Aggiornamenti:

15/01/2011
Report provvisorio a cura del Dr. Giuseppe Levi e del Dr. David Bianchini sull'esperimento dimostrazione di Focardi-Rossi avvenuto il  14 Gennaio 2011 a Bologna.


30/03/2011
Notizia relativa all''Energy Catalyzer, abbreviato E-Cat dell'ingegner Rossi. Il 29 Marzo 2011 gli scienziati Sven Kullander e Hanno Essén hanno partecipato al test di un E-Cat, nella versione destinata alle unità da 1 MW, che saranno immesse sul mercato entro l'anno.


07/10/2011
In un nuovo test svoltosi a Bologna giovedì 6 ottobre 2011, l'"E-cat" ideato da Andrea Rossi ha funzionato per più di tre ore in modalità auto-sostentamento perfettamente stabile. Ny Teknik ha partecipato alla prova.


01/2013
Intervista al Dott. Luca Gamberale, Direttore Scientifico della “DEFKALION EUROPE” (energia: economica, inesauribile e pulita!)
a cura di: Luciano Saporito.


05/2013
Cordiale e sentita lettera aperta all'Ing. Andrea Rossi inventore dell'E-Cat / Hot E-Cat.
A cura di: Luciano Saporito.




= FINE =