Verso la fine del 2003 la mia attenzione di uomo curioso è
stata attratta da un articolo trovato in rete che riportava un esperimento
di un francese, tale Jean Naudin, e mi resi subito conto che il brillante e
poliedrico intellettuale aveva riprodotto un esperimento dello scienziato
nipponico Tadahiko Mizuno che insieme a Tadayoshi Ohmori aveva presentato a
Vancouver nel 1998. Si parlava di trasmutazioni e di anomalie riguardanti il
guadagno energetico del sistema calorimetrico di cella. Poiché l’esperimento
utilizzava semplicemente acqua distillata e tungsteno, riuscì immediatamente
a comprendere che il mio laboratorio era sufficientemente attrezzato per
effettuare questa verifica e che le spese aggiuntive sarebbero state molto
contenute. Certamente non avrei dovuto comprare del costoso palladio e della
costosissima acqua pesante che furono invece necessari quando nel 1990 avevo
ripetuto a Caserta con il mio collega e amico Alessandro Dattilo l’esperimento
“canonico” di Fusione Fredda che tutti già conoscono.
Per rigore di cronaca vorrei sottolineare che questo lavoro di
ricerca, parlo sempre degli esperimenti del 1990, durò circa 4 anni e
purtroppo, a causa degli esigui mezzi a disposizione, non concretizzò nessun
risultato interessante.
A scanso di equivoci, vorrei ribadire che la vera Fusione Fredda, cioè
l’ipotetica sintesi di nuclei atomici leggeri a basse temperature e cioè
quella stregua di asserzioni che si cominciarono a sentire subito la famosa
conferenza stampa del 14 marzo 1989 a cui parteciparono i noti Martin
Fleischmann e Stanley Pons, non ha niente a che vedere, almeno fino ad ora,
con l’esperimento trattato in quest'articolo e che riguarda circostanze ancora
non perfettamente chiarite e che coinvolgerebbero acqua normale e tungsteno.
Parlo cioè del famoso esperimento di Tadahiko Mizuno e del mio diretto
coinvolgimento in questo fatto.
(Nota *1)
Comunque, per tornare a parlare della nostra cella e degli esperimenti del
sopraindicato prof. Mizuno e soprattutto in relazione a quanto è emerso
dagli studi che ho effettuato, … già nel dicembre del 2003 iniziai ad
acquisire dei dati interessanti e curiosi.
In quel periodo il mio laboratorio era frequentato da un mio caro amico, sto
parlando del giovane Domenico Cirillo che mi aiutò quasi subito e divenne
ben presto non solo il mio più caro amico ma, anche il mio fedelissimo e
preparatissimo collega di lavoro. Così, insieme, Domenico ed io iniziammo una
meravigliosa avventura che durò per lunghi anni.
Vincenzo Iorio e Domenico Cirillo in Laboratorio
Innanzitutto, operammo alcune modifiche alla cella di Mizuno che riguardavano
la geometria della cella e la tipologia degli elettrodi adoperati. Ben
presto scoprimmo che alcuni ricercatori americani definirono questa cella
con l’acronimo G.D.P.E. (Glow Discharge Plasma Electrolityc). Il nome ci
apparse molto appropriato e cominciammo ad usarlo.
Cella GDPE in funzione
Già agli inizi del 2004 sia io che Cirillo avevamo ottenuto alcuni risultati
molto interessanti. Potevamo facilmente dimostrare che esisteva un guadagno
di energia dalla cella GDPE e inoltre potevamo contare su alcune
trasmutazioni del metallo tungsteno impegnato all’elettrodo catodico
evidenziate da un certo numero di analisi SEM che riportavano appunto queste
trasmutazioni.
Venimmo letteralmente trasportati dall’euforia, e convinti che quei pochi
dati raccolti fossero sufficienti, cominciammo a erigere le nostre
relazioni e presentare le stesse al pubblico dei ricercatori. Nel frattempo
conoscemmo persone dotate di grande bontà d’animo e tanto coraggio che non
dimenticherò mai in tutta la mia vita, i quali ci aiutarono procurandoci
strumenti più precisi e certamente più idonei per effettuare questi lavori.
Anche dalla comunità di Internet arrivarono aiuti e conforti da numerosi
amici che seguirono le nostre ricerche. Uno di questi era Roy Virgilio che
conobbi a Grottammare nel 2003 e che non dimenticherò tanto facilmente per
il suo aiuto, la sua amicizia e la sua lealtà. Non voglio però qui dimenticare la
straordinaria amicizia con Riccardo Bennati di Novi Ligure che tra le sue
attività di ricerca riprodusse il
nostro stesso esperimento e quindi ci permise di confrontare i nostri dati.
Da sinistra: V.Iorio, D.Cirillo e A.Dattilo (Grottammare 2004)
Dovevamo aspettarci che le nostre iniziali supposizioni erano troppo
avventate e dovevamo sapere che sarebbe stato molto meglio aspettare qualche
tempo prima di fare affermazioni troppo categoriche e precise. Ma la gioia
che provavamo e il sostegno di molti che ci seguirono e ci incitavano ad
andare avanti a presentare al più presto i nostri dati, ci spinsero nella
folle corsa verso una direazione che poi si è rivelata non essere quella
giusta. Sarebbe stato
utile capire meglio questo fenomeno così curioso e interessante, bastava
aspettare che la prognosi da provvisoria sarebbe diventata definitiva, per
usare un frasario medico corrente. Ma eravamo giovani e ci fidavamo di
quello che i nostri strumenti di allora misuravano, di quello che veniva
letto dall’analisi dei nostri dati e soprattutto da quell’incitazione degli
amici che ci attorniavano.
Conferenza di pisa del 30 aprile 2005
da sinistra: Roy Virgilio, Vincenzo Iorio, Domenico Cirillo, Cornelia Lorelai e Roberto Germano.
La Teoria di Sintesi Neutronica
Per rigore di cronaca devo sottolineare che in
quel periodo nel gruppo era presente anche Alessandro Dattilo, che ci fornì un aiuto
indispensabile e fondamentale. Potrei addirittura affermare con estrema
certezza che senza il contributo di Alessandro non avremmo raggiunto
nessuna conoscenza su questo fenomeno.
Tutti e tre giungemmo a delle affermazioni teoriche di cui solo poche
erano canoniche a giudicare da quelle che oggi sono riconosciute come le
teorie accademiche ufficiali che si sono affermate nella fisica delle
particelle. Per giustificare le trasmutazioni che misuravamo sull’elettrodo
catodico di tungsteno ipotizzammo un meccanismo molto particolare che
prevedeva addirittura una sintesi diretta di protoni ed elettroni.
Personalmente ritengo che questa teoria (indifferentemente dal fatto che nel
futuro le trasmutazioni che abbiamo scoperto possano risultare esatte o
sbagliate), sia fondamentale per spiegare certe pertinenze nella fisica della
materia che non possono essere spiegate in altro modo.
È difficile da credere, ma curiosamente, questa teoria è stata concepita nientedimeno che
al tavolo di una birreria, scarabocchiando alcuni fogli e soprattutto senza
sospettare minimamente che molti altri studiosi, tra cui Carlo Borghi, Roberto A.
Monti, Lino Daddi e lo stesso Mizuno l’avevano teorizzata possibile già diversi anni
prima di noi. Ma questo conta poco.
Comunque da li a tutto il 2004 cominciammo una serie di conferenze tra cui
ricordo con dovizia di particolari quella del 18 aprile a Grottammare, nella
quale annunciammo pubblicamente i risultati che avevamo ottenuto.
Conferenza di Grottammare
Io mi occupavo direttamente della comunicazione e per quanto con estrema
cautela e prudenza prendevo le dovute distanze dai risultati ottenuti e
della difficoltà di comprendere il fenomeno, ebbi comunque modo di dare
delle informazioni estremamente avventate nelle quali ho perfino dichiarato
guadagni di 1.5 da parte della nostra cella. (Nota *2)
Successivamente, il 9 e 10 ottobre 2004 prendemmo parte alla clamorosa conferenza ad
Abano Terme organizzata dalla Nexus edizioni, e sostenuti dal nostro caro
amico Tom Bosco, allestimmo sul palco il nostro apparato sperimentale che si
attivò la sera del 10 ottobre per un esperimento in diretta, osservato dal
vivo da circa 700 spettatori.
Conferenza di Abano Terme
In quell’occasione conoscemmo un'altra cara e straordinaria persona, il caro
dott. Mario Aluigi, il quale rientra anch'egli nelle persone che non dimenticherò mai in tutta la mia vita.
Egli volle
assolutamente elargirci una donazione allo scopo di promuovere questa nostra
ricerca. Verso la fine del 2004 e precisamente dal 31 ottobre al 5 novembre
fummo invitati a partecipare al congresso ICFF-11 tenutosi a Marsiglia in
Francia. Utilizzammo per le spese di viaggio il danaro di Mario Aluigi e una
donazione aggiuntiva effettuata dalla redazione di Nexus. Il 4 novembre alle
ore 9:45 mi fu dato l’onore di parlare ai numerosi convenuti dei risultati
che avevamo ottenuto. Ricordo con estrema simpatia l’amico Ubaldo
Mastromatteo che effettuò nel mio caso una traduzione simultanea. Fu l’unica
relazione ad essere effettuata in Italiano, non lo dico per vanto
(assolutamente he…he…) ma, per affermare la mia notoria ignoranza nelle
lingue parlate. A Marsiglia conobbi anche personalmente Jean Naudin che
risultò essere veramente un caro amico e una persona dotata di caratteristiche
veramente fuori della normalità.
C’è da ricordare che quel giorno fatidico del 4 novembre, alla comunità di
fisici presenti, non solo descrissi i risultati sperimentali che avevamo
ottenuto ma riportai fedelmente la nostra teoria sulla sintesi del neutrone.
Successivamente, al nostro ritorno in Italia, durante le fasi della
preparazione della relazione che sarebbe stata poi pubblicata su
http://www.lenr-canr.org, per espresso consiglio di Ed Stone e David Krivit
omettemmo le conclusioni finali che riguardavano giust’appunto la teoria
della sintesi del neutrone. Il consiglio di Ed Stone, che io trovai
estremamente opportuno, riguardava la necessità di illustrare unicamente i
dati. Le conclusioni, a suo avviso, avrebbero generato delle critiche e
dei dissapori che potevano risultare nocivi sia al nostro lavoro che a
quello della comunità dei ricercatori nel mondo che si occupavano di LENR
(Low Energy Nuclear Reaction).
Intanto a Caserta continuammo il nostro assiduo lavoro che veniva svolto
unicamente durante i giorni festivi. Per interi sabati e diverse domeniche
riproducevamo delle condizioni sperimentali apportando man mano variazioni
che potevano riguardare la tensione di alimentazione, il tipo di
elettrolita, i tempi di plasma, le dimensioni geometriche degli elettrodi
ecc. Poi alla fine raccoglievamo i dati e cercavamo di elaborare i
risultati.
La misura di eventuali Neutroni
Un impegno assiduo durante tutti questi anni di intenso lavoro fu la ricerca
di eventuali emissioni nucleari dalla cella GDPE. A tale scopo mi prodigai a
realizzare personalmente vari sistemi di rilevamento. Per le peculiari
condizioni sperimentali che si verificavano, in modo particolare a causa dei
disturbi elettromagnetici costantemente presenti nello spazio limitrofo
della cella, erano sconsigliabili i metodi diretti. Per esempio l’uso di un Geiger
era fortemente sconsigliabile poiché questo strumento non era immune a
impulsi spuri che sarebbero stati certamente riconosciuti dall’apparecchio
come particelle. I metodi che si potevano adoperare erano solo metodi
indiretti. Agli inizi degli esperimenti e cioè già dalla fine del 2003,
utilizzai lastre fotografiche opportunamente trattate che venivano poste
attorno all’apparato sperimentale e successivamente sviluppate in camera
oscura. Nessuna traccia anomala fu mai rilevata.
Nel 2006 costruii un dispositivo molto singolare
chiamato LEDIN che utilizzava un nastro di indio di opportuno spessore che
veniva posto all’interno di uno scintillatore organico collocato a sua volta
presso un fotomoltiplicatore. L’intento che mi prefiggevo era che il
dispositivo avrebbe potuto misurare agevolmente la radiazione beta prodotta
dall’indio dopo che quest'ultimo si fosse caricato per attivazione neutronica da
parte di eventuali neutroni prodotti dalla cella. Il
LEDIN avrebbe
registrato gli eventi a cella spenta nei 50 minuti successivi e questo
sarebbe stata una garanzia contro i disturbi elettrici presenti durante il
funzionamento della cella.
Questo sistema non funzionò mai molto bene a causa di miglioramenti che
sarebbero stati necessari apportare ma, che per ragioni economiche non
furono mai eseguiti.
Nel documento dei
risultati analitici
sono riportati i rilievi effettuati nel maggio 2004 utilizzando uno
spettrometro tipo Hameg HM5014-2 da 1GHz e facendo uso di un’antenna a
polarizzazione orizzontale posta a 1,5 metri dalla cella. Ringrazio, per
questa misura, la preziosa consulenza del carissimo amico Ing. Adolfo
Cavallari.
Il 2006 fu anche l’anno in cui avemmo la meravigliosa visita di Angelo Saso
di RAINEWS24 che condusse nei nostri modesti laboratori un’intervista alla
quale allegò ad altro materiale veramente interessante (certamente molto più
importante della nostra piccola partecipazione) che venne messo in onda il
19 ottobre dello stesso anno con il nome “Il rapporto 41”. In questo
documento erano mostrati molto chiaramente gli ostracismi del sistema nei
confronti della vera Fusione Fredda e i risultati straordinari condotti a
Frascati da Antonella De Ninno e Antonio Frattolillo in relazione alle
inoppugnabili prove di fusione di nuclei di deuterio in un elettrodo di
palladio.
Ad un certo punto e precisamente verso la fine del 2006 grazie ad alcune
donazioni e certi aiuti avvenuti in circostanze veramente “magiche”,
riuscimmo ad avere nella nostra dotazione strumentale apparecchi più
sofisticati. Inoltre è importante anche sottolineare che oltre alle macchine
di misura più precise anche il nostro lavoro si affinava, e cosa molto
curiosa, mentre tutto questo procedeva, le anomalie energetiche cominciarono
drasticamente a diminuire.
Efficienza della cella GDPE negli anni
Avendo una discreta esperienza di laboratorio, mi fu facile intuire che
almeno sul fronte dell’energia forse dovevamo rivedere le nostre
affermazioni. Mentre, sul fronte delle trasmutazioni nucleari avevamo dei
dati quasi sicuri che dovevano essere solo ripetuti per assicurarci di
quegli eventi così esotici e cosi poco probabili. Ma, ragioni prettamente
economiche ci avevano impedito di poter effettuare altri tipi di misurazioni
con il SEM. Quello che potevamo fare era lavorare solamente sulla misura di
energia per la quale il mio laboratorio era sufficientemente attrezzato. E
quindi, proprio nel 2007 si concentrarono tutti i nostri sforzi e la maggior
parte delle nostre prove.
Inoltre, sempre nel 2007, fu allestita anche una seconda cella perfettamente funzionante nei
laboratori della Promete di Napoli e curata in tutti i suoi particolari dal
mio caro amico Domenico Cirillo e da Valentino Tontodonato nonché dalla
supervisione di Roberto Germano grande amico nostro e autore del famoso
libro “Fusione Fredda – Moderna storia di inquisizione e di Alchimia –“
della Bibliopolis di Napoli. Questa nuova cella oltre che favorire il
programma di tesi che il mio amico Cirillo stava sostenendo per ottenere la
laurea in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Napoli, titolo che
conseguì nell’aprile dello stesso anno con pieni e meritati voti, permetteva
di confrontare il nostro lavoro di ricerca utilizzando i dati elaborati da
questo secondo impianto che per certi versi aveva dei miglioramenti
funzionali rispetto all’impianto di Caserta.
La misura impulsiva nel 2008
Qualcosa di interessante capitò nel 2008. Durante quell’anno misi a frutto
tutte le mie conoscenze elettroniche per progettare uno strumento
indispensabile che ritenni subito insostituibile per lo studio della cella.
Come tutti sanno, la teoria dei sistemi complessi prevede di analizzare un
sistema sottoponendolo a diverse condizioni di ingresso. La nostra cella
GDPE era il nostro sistema. Fino a quel momento la cella funzionò solo in
regime statico anche se qualche sporadica prova impulsiva fu effettuata
(guarda caso riscontrando in questi casi anomalie energetiche molto
elevate).
Era necessario effettuare una serie di prove impulsive fatte a regola d’arte
per comprendere il comportamento della cella.
Verso la metà del 2008 era fiero di provare il funzionamento del mio EPM
(Energetic Pulse Modulation). Questo strumento, che risulta ancora
perfettamente funzionante, è in grado di produrre impulsi fino ad 80 ampere
e resistere eventualmente a sovratensioni di 1200 volt. Normalmente il campo
di lavoro dell’EPM era nell’intervallo di 300 – 340 volt continui con il
quale veniva normalmente alimentata la nostra cella.
Era una domenica di un giorno memorabile di maggio quando cominciai a
provare l’EPM applicando alla cella impulsi energetici di 300 volt di
ampiezza a frequenza di pochi Hertz. E durante una di queste prove percepì
perfettamente un fenomeno che fece illuminare la cosiddetta lampadina. Di
che si trattava?
Una resistenza elettrica posta in serie al circuito di cella dissipò una
quantità di energia estremamente elevata (circa 100 W) e questa energia non
veniva affatto contabilizzata dal misuratore elettronico da 4000 euro che
teneva costantemente sotto controllo la cella. Cosa stava accadendo?! La
resistenza elettrica interessata a questo fenomeno era una resistenza di
protezione del valore di circa un ohm. Quest’ultima era posta in serie al
circuito di cella e quindi era interessata a tutta la corrente circolante
nel circuito e quindi si faceva attraversare pure dalla corrente che
alimentava la cella elettrolitica GDPE.
Se la resistenza di circa 100W si riscaldava oltre le sue possibilità
dissipative era segno che la corrente media che vi circolava aveva un valore
più elevato del valore misurato dal contatore di energia. Infatti,
quest’ultimo riportava un valore inferiore di 2 ampere per il quale
contabilizzava una potenza istantanea di circa 600 W. É abbastanza
imbarazzante sottolineare che fu sufficiente il mio dito indice a scoprire
l’arcano delle anomalie energetiche della cella GDPE e non i costosi e
precisi strumenti che erano presenti nel circuito. La scottatura avvertita
dalle mie estremità epiteliali mi permise di scoprire che impulsi anomali di
corrente del valore di circa 70 ampere e di durata di pochi microsecondi
venivano assorbiti dal circuito di cella senza che gli strumenti di misura
collegati se ne accorgessero. Per assicurarsi che questa osservazione era
reale non c’era altro da fare che monitorare questa corrente utilizzando un
oscilloscopio digitale comparatore da qualche GHz di banda passante, e così
fu fatto.
Ben presto verificai quanto avevo intuito dalla mia osservazione e gli
strumenti mi diedero ragione. La cella GDPE essendo un sistema
elettrochimico si presentava come un carico capacitivo e quindi il suo
comportamento peculiare spiegava benissimo le anomalie riscontrate.
La cella GDPE e le anomalie energetiche
Non c’era nessuna anomalia energetica. La cella assorbiva una certa parte
dell’energia elettrica applicata all’ingresso senza che il misuratore la
contabilizzasse. Si parlò di “Joule clandestini”, difatti le caratteristiche
elettriche della cella determinavano assorbimenti elettrici molto
disturbati, gli spike di corrente erano numerosi e abbracciavano una banda
di frequenza molto elevata. Alcune misure che avevamo effettuato
precedentemente con analisi spettrali, avevano dimostrato che la cella
produceva un rumore elettromagnetico con banda centrata sui 300 Mhz e con
picchi fino al Ghz.
Qui di seguito è possibile visionare alcune foto che ritraggono questi
impulsi:
Impulso da 30A
Impulso da 30A
Bisogna precisare che gli impulsi sono stati ricavati facendo lavorare la
cella con precise modalità di lavoro atte a migliorare la condizioni di
visibilità dell’impulso. Infatti, i segnali illustrati sono stati misurati su
di un carico di 1 ohm (quindi sono impulsi di 30 Ampere) e sono abbastanza
lenti (circa 85 millesimi di secondo). Gli impulsi reali misurabili quando
la cella lavora a regime sono di ampiezza molto elevata e hanno durate
inferiori al microsecondo.
Conclusioni
Per quanto finora detto, si dimostra facilmente, sopratutto inizialmente, il
perché abbiamo misurato anomalie energetiche. Il primo misuratore di energia
adoperato nel 2003 era un VIK System 3 normalmente usato dall’ENEL. Questo
misuratore aveva una banda passante ridotta rispetto misuratore adoperato
verso la fine del 2006. Gli spike passavano quindi facilmente e non venivano
contabilizzati. In parole molto semplici, poiché il rendimento energetico
veniva misurato effettuando un semplice rapporto fra l’energia
di riscaldamento e di evaporazione di uscita diviso l’energia elettrica
applicata in ingresso, risulta evidente che se il denominatore del nostro
rapporto è più basso (ma ciò è falso poiché il contributo degli spike
presenti non è misurato) il rendimento viene alterato in aumento.
Il sogno di un’energia da sfruttare non svaniva completamente ma, era
comunque doveroso, anzi eticamente corretto informare tutta la comunità di
amici che ci avevano sostenuto che purtroppo avevamo preso un granchio.
D'altronde, se vogliamo, … un impegno sperimentale effettuato solamente
durante le giornate festive, conterebbe in totale pochi mesi di lavoro
effettivi e quindi era naturale che per giungere a queste conclusioni avremo
dovuto aspettare tutti questi anni.
I risultati di queste osservazioni e parte della storia che vi ho
raccontato, sono stati discussi in una importante conferenza effettuata a
Roma l’8 novembre 2008 a via della Bufalotta n. 229 per conto
dell’associazione Pluriversity a cui ringrazio fin d’ora per lo spazio che
mi hanno concesso e per la formidabile partecipazione di esperti e
appassionati che mi hanno seguito. All'interno di questa relazione, che è
durata circa per 4 ore mi è stato permesso di rettificare e chiarire tutto
quanto vi ho qui esposto.Questa associazione, costituita da persone di un elevato
spessore umano ed intellettuale ha recentemente converso nell’associazione “Scienza per L’amore”
di cui io ho avuto il grandissimo onore di farne parte. Quest’associazione
ha come principale obiettivo che la scienza venga dedicata all’amore, per
la soluzione dei problemi dell’umanità.
Conferenza Pluriversity
Voglio precisare che le trasmutazioni inizialmente dichiarate e che si
verificano sul catodo di tungsteno potrebbero ancora essere attentamente
studiate. Non deve essere esclusa la possibilità che la cella pur generando
anomalie nucleari non presenti anomalie energetiche misurabili. I due
fenomeni potrebbero infatti essere completamente sconnessi. Non sono in
grado adesso di dare una spiegazione su queste trasmutazioni e inoltre non
ho la possibilità di stabilirne l’autenticità. Se la teoria della sintesi
neutronica venisse acclarata, alcune nostre osservazioni potrebbero essere
facilmente spiegate.
Sia chiaro, queste osservazioni sperimentali non fanno calare il sipario
sugli studi che potrebbero essere eseguiti su questo fenomeno. Non si
esclude a priori che non si possa in futuro ricavare qualcosa da questo
curioso esperimento. Ma, per quanto riguarda le dichiarazioni che erano
state fatte fino a questo punto, bisognava ammettere molto onestamente che
se anche in buona fede erano del tutto false. E dalla mia giovane età che
sono sempre stato corretto, preciso e determinato nei miei rapporti con il
prossimo. Non potevo e non volevo assolutamente permettermi alcuna forma di
tergiversazione su quest’argomento, ne volevo arrampicarmi sugli
specchi,…per quale assurdo vantaggio poi?
Informai subito il mio collega Cirillo di queste conclusioni a cui ero
pervenuto ma, il dibattito fu molto acceso e il mio giovane amico non si
trovò d’accordo per quanto riguarda il discorso delle anomalie energetiche
con le mie conclusioni. E purtroppo, da quel giorno che non ci siamo più visti.
D'altronde, ho ricevuto notizia che verso la fine del 2009, il mio ex socio
Cirillo abbia in qualche modo misurato per conto suo alcune sospette
emissione di neutroni dalla cella GDPE. Se ciò dovesse essere confermato non
posso che essere contento. Anzi a riguardo del mio ex socio, che è sempre un
caro amico, non posso che fargli i miei più sinceri complimenti. Questo
confermerebbe le nostre precedenti asserzioni e potrebbe essere un valido
argomento per sostenere la nostra teoria di sintesi neutronica. Come è
facile constatare,….l’avventura non è ancora finita.
Recentemente si parla molto dell’esperimento Focardi-Rossi. Sembrerebbe che
il nichel in atmosfera di idrogeno (idrogeno e non deuterio) assorba questo
gas ed effettui delle trasmutazioni, nonché si misurano elevati quantitativi
di energia. Leggendo i documenti rilasciati dai due scienziati italiani del
INFN di Bologna si sottolinea il ruolo delle reazioni di sintesi protonica,
sembra proprio che qualcuno stia convalidando le nostre tesi e quelle di
altri italiani prima di noi.
Non mi fraintendete, mi sento così piccolo che non mi interessa affatto che
qualcuno un domani si ricordi di noi. Ciò che conta è che l’umanità raggiunga
il benessere, poiché il benessere diventa collettivo. Sono quindi contento
di questi risultati, faccio i miei modesti complimenti (essendo un umile e
microscopico ricercatore) ad Andrea Rossi e Sergio Focardi che sono
veramente dei grandi ricercatori e spero vivamente che la loro ricerca venga confermata
…..come vedete, torno a dire,….l’avventura non è ancora finita.
Aggiornamenti:
15/01/2011
Report provvisorio a cura del Dr.
Giuseppe Levi e del Dr. David Bianchini sull'esperimento
dimostrazione di Focardi-Rossi avvenuto il 14 Gennaio 2011 a Bologna.
30/03/2011
Notizia relativa all''Energy Catalyzer, abbreviato E-Cat dell'ingegner
Rossi. Il 29 Marzo 2011 gli scienziati Sven Kullander e Hanno
Essén
hanno partecipato al test di un E-Cat, nella versione destinata alle unità
da 1 MW, che saranno immesse sul mercato entro l'anno.
07/10/2011
In un nuovo test svoltosi a Bologna giovedì 6 ottobre 2011, l'"E-cat" ideato da Andrea Rossi ha funzionato per più di
tre ore in modalità auto-sostentamento perfettamente stabile. Ny Teknik ha partecipato alla prova.